Ci sono fatti che  sembrano avere il merito di darti un’immagine aggiornata di te. Fatti banali, semplici. A settembre ho cambiato la stampante. Quella precedente funzionava benissimo ma cambiare i toner costava come comprare una stampante nuova ogni volta. Fatti i conti avevo praticamente speso in toner la stessa cifra che avrei potuto spendere per comprare una bicicletta con la pedalata assistita (la Liguria ha parecchie salite). Desiderando una bicicletta con la pedalata assistita decido – con un logica tipicamente femminile – di cambiare stampante. Mi viene proposto un modello che è definito come semplice, economico e pieno di interessanti funzioni (che non hanno mai funzionato). E qui inizia il calvario: da settembre ad ora la stampante non ha funzionato sei volte, con relativi lunghi periodi per la “riparazione” . La cosa più pittoresca è che dal 31 gennaio l’hanno presa e sono spariti. Nessuna comunicazione. Non rispondono alle mail, hanno il telefono con una musica interessante (e che conosco a memoria) ma non conduce a nessun essere umano.

Se avevo l’idea di essere una praticante zen, questa idea si è infranta con la storia della stampante. In ordine sono passata da aspettare fiduciosa e leggermente irritata, al far finta che il problema non esistesse, all’avere improvvisi ritorni di fiamma, a nutrire pensieri terroristici e paranoici (in quel negozio lavorano solo uomini). Nel mentre che osservavo tutto lo scibile della mia reattività bomber e riemergeva la mia vecchia tupamaros dell’adolescenza, evitavo di sentirli troppo spesso timorosa di perdere le staffe. I miei impulsi sono abbastanza domati ma non scherzano rispetto all’intensità. In più, a proposito di festa della donna, quando una donna perde la pazienza è sempre isterica anche se ha ragione da vendere. E gli uomini diventano complici dell’evitamento e dicono “Tranquilla” come se quello fosse il problema principale. Così devo preparami a tornare dal venditore in modo costruttivo: devo agire senza assecondare il mio impulso che sarebbe piuttosto out of control (traduzione: sono incavolata nera). Allora mi ripeto le cose che ho imparato sul cavalcare l’impulso, e te le racconto perché potrebbero venir bene anche a te, maschio o femmina che tu sia, l’impulsività è difficile per tutti:

  • Riconosco l’impulso che sto provando
  • Mi domando se questo impulso è congruente con i miei valori (il mio non lo è affatto)
  • Mi domando se mi aiuterà ad andare nella direzione che voglio (assolutamente no perché da loro ho comprato tutti i devices che posseggo e sono un sistema maledettamente chiuso)

Questi tre passaggi sono molto utili per non farci fare azioni di cui poi ci pentiamo. Siccome sono molto arrabbiata devo aggiungerci un quarto passaggio: espandere il corpo perché le sensazioni fisiche non siano troppo intense. Se il corpo è contratto i nostri impulsi sono più intensi: è come se l’acqua di un fiume dovesse entrare tutta in un tubo. La pressione sarebbe molto maggiore. Poi ti racconterò com’è andata (nel frattempo ho rinunciato alla bicicletta con la pedalata assistita).

Sei mai stato in spiaggia a guardare le onde? All’inizio l’onda è piccola e poi gradualmente prende velocità e si ingrossaContinua a crescere e avanzare finché raggiunge il culmine, la cosiddetta cresta. Dopo di ché si abbassa poco a poco. Lo stesso succede con gli impulsi del corpo. Fin troppo spesso ci mettiamo a combattere i nostri impulsi: è per questo che parliamo di resistergli. Cavalcando un impulso così come si cavalca un’onda non cerchiamo di resistergli ma gli facciamo spazio. Russ Harris

Pratica del giorno: La classe del mattino

© Nicoletta Cinotti 2019 Il protocollo MBSR: Spring edition

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