Uno dei nuclei principali del lavoro psicoterapico della bioenergetica è lo scioglimento dei blocchi e delle tensioni croniche. Lavoriamo per sciogliere il corpo perchè queste tensioni – espressione delle nostre difese – mantengono vivo il nostro radicamento nella situazione traumatica del passato.
Per quanto possa apparire paradossale noi costruiamo le nostre difese Dopo che si è verificato l’evento critico e, quindi, ogni difesa ha un carattere anacronistico: è chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati. Di fatto la difesa compie anche un’altra funzione: permette un ritiro che dovrebbe essere riparativo. Il problema è che se non manteniamo flessibilità e vitalità non riusciamo ad uscire da questo ritiro riparativo, lo consolidiamo e rimaniamo per un tempo esageratamente lungo nelle difese corporee. La bioenergetica si colloca qui: nel lavoro di scioglimento dei blocchi e delle tensioni che mantengono ancorati al passato e che non hanno una funzione riparativa.
Che cosa significa sciogliere le tensioni?
Le tensioni e contrazioni difensive hanno una struttura particolare: sono tensioni circolari che non impediscono la funzione muscolare ma limitano la consapevolezza corporea. I movimenti che le allentano sono essenzialmente di due tipi: movimenti di allungamento e movimenti rotatori. I movimenti di allungamento facilitano, in modo diretto e indiretto, la lunghezza dell’atto respiratorio. Quelli rotatori allentano l’anello di tensione vero e proprio. Per facilitare il processo di scioglimento in bioenergetica usiamo il suono: le vocalizzazioni che sono connesse all’emozione che è rimasta “impigliata” nell’esperienza. Ripristinare l’equilibrio tra la consapevolezza corporea e l’atto espressivo è un passo squisito della bioenergetica. Moltissime persone hanno sperimentato come non basta essere consapevoli per stare meglio. Abbiamo bisogno che la nostra consapevolezza realizzi anche espressivamente una differenza nella nostra vita. Così, passando attraverso l’espressione primitiva del suono diamo voce all’aspetto non verbale delle nostre emozioni. È questo passaggio che ci restituirà la declinazione verbale.
Andare in profondità
Questo è il primo livello di lavoro che facciamo per sciogliere le tensioni. Il lavoro però non si ferma qui: andiamo più in profondità ossia andiamo ad esplorare due aspetti dell’atteggiamento difensivo e della corrispondente tensione: l’accettazione e la reattività.
La base della risposta difensiva è un aspetto avversativo. È successo qualcosa che non volevamo e che non vogliamo si ripeta. Ci poniamo quindi in una posizione oppositiva rispetto alla realtà. Questa lotta – come accade in tutte le opposizioni – lascia ingabbiati nella situazione. Lottando contro non abbiamo più le energie a disposizione per andare avanti. Rimaniamo fissati – in opposizione – al nostro nemico e impegniamo tutte le nostre energie in questa lotta. Anche in questo caso abbiamo una modalità di risposta muscolare: ci sarebbe un movimento spontaneo che blocchiamo opponendo una forza muscolare contraria.
Nutriamo così la non accettazione che si manifesta – dal punto di vista comportamentale – con la reattività. Di fronte a stimoli che ci ricordano il trauma originario diamo adito ad una schema di risposta automatico e reattivo che può essere scambiato per spontaneità ma è tutt’altro.
La reattività
Molto spesso possiamo scambiare la reattività per spontaneità. E spesso questi comportamenti reattivi – poiché comportano una scarica – possono dare momentanei segnali di sollievo. Ma distinguerli dalla spontaneità non è difficile: sono ripetitivi e non portano davvero avanti ma lasciano la persona sempre nello stesso posto. Sentiamo cosa dice Lowen a riguardo
Quindi, quando lavoriamo sulle tensioni, possiamo dire che, ad un primo livello, lavoriamo sull’aspetto muscolare ma in profondità lavoriamo per ampliare la capacità di accettare e quindi di diminuire l’aspetto di reattività.
Il ruolo dell’attenzione
L’aspetto di movimento – prodotto dagli specifici esercizi – non sarebbe sufficiente se non utilizzassimo uno strumento che è una qualità cognitiva: l’attenzione. Tutti gli esercizi, perché siano efficaci, vanno compiuti in modo non meccanico, portando l’attenzione al corpo. L’attenzione è un passaggio fondamentale perchè aumenti la carica e si arrivi allo scioglimento. C’è una retroazione positiva tra consapevolezza e attenzione che fa sì che l’una aumenti l’altra. E insieme collaborino per quello scioglimento che integra consapevolezza, padronanza di sé e capacità espressiva.
Diamo voce
È arrivati a questo punto che possiamo dare voce a chi siamo davvero. È arrivati a questo punto che le nostre parole sono davvero espressive della nostra consapevolezza. Vanno al di là delle storie che abbiamo imparato sull’argomento della nostra vita. È arrivati a questo punto che possiamo dire cos’è – davvero – la nostra esperienza. E possiamo – davvero – declinarla al tempo presente.
Ecco perchè la pratica di mindfulness interpersonale è così congruente con l’analisi bioenergetica: perchè cerca nel corpo l’origine delle parole.
Tutte le citazioni sono tratte dal libro di Alexander Lowen, Bioenergetica
Se vuoi approfondire il processo della mindfulness interpersonale è appena uscito Mindfulness relazionale di Gregory Kramer
© Nicoletta Cinotti 2017 Foto di ©knitgirl
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