Ogni tanto mi capita di chiudermi fuori di casa. A volte per un colpo di vento. Altre volte per un attimo di distrazioni. Così cerco di disseminare le mie chiavi in punti strategici perché so che può succedere. Mi succede quando sono stanca, mi succede soprattutto quando sono triste. Mi colpisce tantissimo questo chiudermi fuori.
Per chi, come me, fa una professione di cura, spesso diventa metafora della difficoltà di dare a sé stessi la stessa attenzione che diamo agli altri. Per questo motivo mi sono fatta l’idea che siano solo le donne a chiudersi fuori (so che non è così, Raymond Carver ci ha scritto sopra una poesia).
In ogni caso la sensazione di non essere proprio dentro la propria vita, di andare avanti con il pilota automatico, per fare tutto quello che è necessario fare senza gioirne è una sensazione forte. Un po’ come scrivevo ieri nel post sul desiderio di uscire da una vita troppo incasellata. Quel post ha toccato le corde di una persona. L’ha trovato di un egoismo spaventoso. Credo che è questo che ci diciamo quando diamo agli altri più attenzione che a noi. Ci diciamo che non vogliamo essere egoisti. Confondiamo la cura di sé stessi con l’egoismo, con il narcisismo, con l’egocentrismo. La cura di sè stessi non ha però queste sfumature. La cura per se stessi ha una qualità di intimità che non esclude gli altri ma non chiude fuori nemmeno sé stessi. Non posso credere e non voglio pensare che l’attenzione agli altri abbia sempre come prezzo ed effetto collaterale perdermi, perdersi. Voglio credere che l’effetto dell’intimità sia trovarsi e, trovandosi, aprire la possibilità di un incontro diverso.
Il vero problema però è un altro. Il vero problema è dire la verità. Perché la verità – che noi vorremmo fosse una signora stabile e immutabile – è dinamica. Questo sì che ci spaventa. Essendo la verità dinamica se cambiamo noi cambia anche la nostra verità. Ed è quello il vero conflitto di lealtà tra noi e una vita in cui ci scopriamo diversi da come credevamo d’essere. Scopriamo di essersi chiusi fuori da quello che abbiamo costruito. Non ci sono risposte facili a domande difficili. La risposta, in quel caso è sempre la stessa: il dialogo.
Si esce e si chiude la porta senza pensarci. E quando ci si volta a vedere quel che si è combinato è troppo tardi. Se vi sembra la storia di una vita, sono d’accordo. Raymond Carver
Pratica di mindfulness: Be water