Intenzione, curiosità e coraggio sono le tre parole con cui Carolina Traverso sceglie di iniziare il suo libro sulla mindfulness. Chiarisce così, fin da subito, un aspetto molto importante della pratica: l’intenzione conta più dell’obiettivo e dà una forma alla nostra energia. L’intenzione inoltre è qualcosa che fugge dalla logica performativa: tenendo il cuore aperto e la mente calma saremo in grado di sapere da soli quello che è meglio per noi. Come chiarisce poche pagine dopo. Niente manuale che trasforma la propria vita ma, piuttosto, un modo per essere presenti e rispolverare capacità che ci appartengono fin dalla nascita. Coltivare l’intenzione nel libro non è solo una parola. Troviamo infatti una riflessione guidata che aiuta a focalizzare – attraverso delle domande – qual è la nostra intenzione in questo momento e come mai abbiamo pensato di rivolgerci proprio alla mindfulness. Chiarire – fin da subito – la nostra intenzione è anche un modo, saggio, per non trovarci poi delusi perché non avevamo focalizzato davvero la nostra motivazione. Inoltre poiché la pratica è semplice ma non sempre facile, connetterci con la nostra motivazione ci toglie dal pericolo di sentire che questo impegno è un altro dei tanti doveri della nostra vita quotidiana. Non è così: lo facciamo per noi.
La curiosità in questo percorso sarà un ingrediente altrettanto necessario: per proteggere un nuovo apprendimento dalla fretta con cui, spesso, giudichiamo le cose alla prima occhiata. Poi, siccome la mindfulness è un percorso che ci mette di fronte alle cose, così come sono, avere un po’ di coraggio non guasta. Insieme alla leggerezza, con cui Carolina scrive e racconta cos’è un protocollo mindfulness e cos’è la mindfulness in generale, il coraggio ci aiuterà nei momenti in cui quello che troviamo di fronte ai nostri sensi non è proprio la favola alla quale eravamo affezionati. D’ altra parte quella favola che ci raccontiamo è proprio una delle ragioni della nostra infelicità.
Parlare direttamente al lettore
Carolina, come dicevo, scrive leggera, colloquiale, rivolgendosi direttamente al lettore, proprio come se fosse seduto di fronte a lei. Questa scrittura semplice fa parte del suo stile, divulgativo, immediato e diretto ma non banale. Così la prima parte del libro è dedicata agli aspetti basilari, quelli di cui spesso di dimentichiamo: la postura, la noia o l’irrequietezza, la distinzione e l’intreccio tra pratica formale e pratica informale e qualche riflessione sul nostro basilare desiderio di felicità, sempre attenta a non trasformare la mindfulness nell’ennesima cosa da fare delle nostre già pienissime esistenze.
Mind wandering e gli ostacoli alla felicità
Il vagare della mente – mind wandering – è il primo ostacolo alla nostra ricerca della felicità. Una ricerca condotta ad Harvard rivela che passiamo il 47% del nostro tempo lasciando che la nostra mente vaghi a ruota libera. Peccato che ci sia una relazione inversamente proporzionale tra la soddisfazione che proviamo nella nostra vita e il vagare della mente. Insomma la distrazione correla con l’infelicità e la prima precede la seconda, indipendentemente da quello che facciamo e dalla valutazione che ne diamo. Più siamo distratti – dicono le ricerche che cita Carolina – e più siamo insoddisfatti e infelici. Più la nostra mente è connessa con quello che stiamo facendo e più coltiviamo i nostri semi di felicità.
Una buona informazione da tenere a mente visto che, per molti, è forte la convinzione che il vagare della mente sia una sorta di sollievo e di relax dagli impegni quotidiani: in realtà – come sappiamo dall’esperienza mindfulness – è la nostra capacità di essere presenti a rivelarsi determinante per la nostra felicità.
Carolina ci ha convinto
Insomma Carolina ci convince, pagina dopo pagina, che vale la pena fare questa benedetta mindfulness e, a questo punto, ci dice anche quanto tempo ci vuole perché diventi una abitudine. O meglio ci dice due cose: la prima è che per consolidare una abitudine servono – ricerche alla mano – 66 giorni (dieci in più di quanto dura un protocollo) però, a seconda della persona e delle circostanze potrebbero essere sufficienti 18 giorni come 8 mesi. In buona sostanza, per rendere la pratica che acquisisci nei protocolli una buona abitudine della tua vita ti sarà necessario un tempo che va da 2 mesi a 8 mesi, a seconda del tuo carattere. Ecco perché è importante che la nostra curiosità (e pazienza) rimangano compagne di strada in questo percorso. Ed ecco perché, se incontriamo delle difficoltà iniziali possiamo sentirci in buona compagnia: consolidare un’abitudine non è un atto immediato.
Saggiamente però Carolina – e questo è il secondo aspetto – ci ricorda che la mindfulness è un processo. Fatto di atti unici che rendono significativo ogni giorno. Un percorso che ha tutte le caratteristiche perché possa durare tutta la vita.
Mindfulness del respiro, del corpo, delle emozioni, mindfulness per il dolore cronico, sono tutte sezioni che accompagnano il libro verso la conclusione offrendo ausili audio e un ricco elenco di risorse. Per approfondire la letteratura scientifica sull’argomento e per praticare attraverso le risorse disponibili in rete. Tra queste segnalazioni ci sono anch’io. Grazie Carolina!!
Mente calma Cuore aperto di Carolina Traverso in cartaceo e ebook
© Nicoletta Cinotti 2016