Sappiamo tutti come fare il ghiaccio: basta mettere dell’acqua in piccole porzioni dentro il congelatore. Più piccole sono le porzioni e prima diventano ghiaccio. Nel diventare ghiaccio occupano un po’ di spazio in più dell’acqua.
Quando congeliamo le nostre emozioni facciamo esattamente la stessa cosa. Prendiamo una porzione di quello che è accaduto, la mettiamo nel congelatore del risentimento, acquista così un volume maggiore e una maggiore densità. Diventa un ricordo traumatico o sgradevole con una caratteristica: fino a che lo teniamo lì è solido e immutabile. È “l’errore che abbiamo fatto a noi stessi”, “l’errore dell’altro”, o “l’errore che noi abbiamo fatto ad un altro”. Incorniciato come un cubetto di ghiaccio nel contenitore. Se continuiamo a guardarlo dalla prospettiva del congelatore rimane immutabile. Se lo mettiamo fuori, a temperatura ambiente, gradualmente riacquista la sua forma liquida e scorre via.
Abbiamo un sacco di ghiaccio nel congelatore del risentimento: lo chiamano risentimento proprio perché trasforma un’emozione originaria in un’altra cosa. Ci illudiamo che tenuto lì, ben nascosto, non crei più problemi di quanti ne ha creati all’inizio e invece gradualmente ci congela e cambia il nostro senso del tempo.
Il passato, anziché scorrere, rimane lì, testimone solido della nostra vita e la prospettiva del futuro non ci scalda ma ci spaventa.
Sciogliere il ghiaccio in questo caso non è rimuginare sul passato ma lasciare spazio ad un futuro diverso.
Se si taglia via il passato, il futuro non esiste. Alexander Lowen
Pratica di mindfulness: Meditazione sul perdono (meditazione live)
© Nicoletta Cinotti 2022 Mindfulness ed emozioni: bioenergetica e self-compassion