Spesso, sia per fatti personali che per eventi che ci riguardano come esseri umani, chiediamo che venga fatta giustizia. Che venga riparato un torto subito o un danno.
Ma ogni giustizia, perché sia tale, richiede la compagnia della verità. Una verità che siamo abituati a nascondere perché temiamo il giudizio e temiamo l’esclusione che ne deriva.
Avere sbagliato non è equivalente ad essere sbagliati ma a volte identifichiamo così strettamente l’errore con la persona, che chi ha sbagliato, per difendersi, non trova altra strada che negare la verità.
Ci affrettiamo a giudicare e, in questo modo, gli offriamo molte ragioni per nascondere e nascondersi.
O raccontare la sua verità che tiene conto di tante altre circostanze. Perché l’errore non nasce mai da solo: è la conseguenza di una catena di errori e circostanze che come un’onda di forza crescente arrivano ad infrangersi nella nostra vita.
E se invece percorressimo una strada diversa? La strada che inizia dalla verità e che rende la verità più importante del giudizio? Non faremmo forse davvero un percorso verso la giustizia?
Occorre sintonizzarsi con la delicatezza del riconoscere ciò che è giusto e ciò che è vero adesso. Invitando così al paradosso di parlare da uno spazio di silenzio e ascolto che continua anche mentre parliamo. Gregory Kramer
Pratica del giorno: Il panorama della mente
© Nicoletta Cinotti 2014 Mindfulness interpersonale