Quando parliamo di consapevolezza spesso la riteniamo una capacità che si limita alla singola persona. In effetti, per essere consapevoli è fondamentale avere come radicamento la consapevolezza di sé ma una consapevolezza che fosse solo rivolta a se stessi sarebbe una consapevolezza parziale e, per questa ragione, inadeguata.
Non può essere sufficiente conoscere se stessi e non essere consapevoli di ciò che avviene nelle relazioni. La consapevolezza relazionale segue le stesse leggi di quella individuale. Si nutre di non giudizio, di attenzione affettuosa, curiosità e include un elemento in più: la consapevolezza dell’effetto che produciamo sugli altri. E che gli altri producono su di noi.
Spesso infatti guardiamo alle risposte che gli altri ci danno senza tenere conto del nostro contributo a quella reazione. Come se fossimo al di sopra – o al di sotto – della possibilità di influenzare l’ambiente. Guardiamo come l’altro si è comportato, lo valutiamo ma rimaniamo ciechi alla possibilità di leggere l’interazione tra noi e gli altri. Come se avessimo una specializzazione selettiva: o vediamo noi, o vediamo l’altro ma perdiamo l’interazione tra noi e l’altro. Quello spazio confuso e nuovo dove non siamo più solo “io” e “te” ma diventiamo “noi”.
In questo modo, alla fine, cogliamo solo ciò che conferma o delude le nostre aspettative. Perdiamo un sacco di informazioni e di possibilità. La prima e più nascosta è la possibilità di vedere riflessivamente,come ci muoviamo nel mondo.
Mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri. Alda Merini
Pratica di mindfulness: La meditazione del lago
© Nicoletta Cinotti 2016 Le radici della felicità adesso è un breve video: clicca qui per vederlo!
Illustrazione di © Alex Noriega