Se c’è un compito che quotidianamente incontriamo credo che questo sia quello di essere se stessi.
A volte pensiamo di realizzarlo mettendoci al sicuro. Altre volte aggrappandoci a delle situazioni piacevoli in modo che durino più a lungo possibile. Altre volte ancora cercando di trovare soluzioni per il nostro dolore e la nostra infelicità. In ogni caso sappiamo che, tradendo noi stessi, minacciamo il senso della nostra vita. Sappiamo che accettare di essere compiacenti lascia un sapore che non amiamo.
Questo realizzare se stessi è, quindi, una sfida quotidiana, importante e assidua.
In questa sfida non mancano momenti di felicità e gioia. E anche qualche piccolo paradosso. Perché, per essere se stessi, alla fine, non abbiamo bisogno di molto se non di cessare quel continuo tentativo di correzione di noi o degli altri che ci spinge a disegnare una vita sempre diversa da quella che è. Alla fine la consapevolezza mette insieme con ironia questa sfida: siamo già chi volevamo diventare. Lo siamo quando accogliamo quello che c’è con onestà. Lo siamo quando non cerchiamo la performance ma solo la presenza. Lo siamo quando riportiamo l’attenzione al respiro e al cuore. Lo siamo quando lasciamo che le qualità della nostra mente originaria escano dalla polvere che la distrazione e l’avversione producono. Così la buona notizia di oggi è che possiamo smettere di lottare per una vita migliore. Il meglio della nostra vita sta nell’accorgersi di ciò che abbiamo già e di chi siamo già.
L’unica persona alla quale puoi remotamente assomigliare è te stesso. E ciò, alla fine dei conti, è la vera sfida della mindfulness: la sfida di essere te stesso. L’ironia, naturalmente, è che lo sei già. Jon Kabat Zinn
Pratica di Mindfulness: Meditazione sul lasciar andare
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©Victoria Söderström