La transizione tra la notte e il giorno, tra un’attività e l’altra, tra un luogo e l’altro è spesso il momento in cui affiorano le sensazioni di fondo, quelle che fanno da rete alle nostre giornate.
È su questa base che sorgono più facilmente un certo genere di emozioni o di pensieri, è sulla base di questa sensazione di fondo che rispondiamo che stiamo bene o male.
Come tutte le basi ha un ruolo fondamentale perché costruisce la solidità del nostro umore, la nostra capacità di non farci trascinare verso il basso dalle emozioni difficili e di non farci portare troppo in alto da quelle entusiastiche. Entrambi gli estremi ci portano lontano dal corpo: nei pensieri quelle difficili, nelle fantasie quelle entusiastiche.
Questa rete parla della nostra storia di vita e del momento che stiamo vivendo. Possiamo proprio immaginarla come la rete di un pescatore: se le maglie sono troppo spesse tutto quello che accade fatica a scorrere. Se sono troppo larghe non rimane nulla e tutto va via in un attimo, senza che ci sia stato possibile gustarlo.
Le maglie di quella rete parlano del nostro respiro: se è superficiale le maglie diventano via via più strette e tutto rimane nella mente un po’ troppo a lungo.
Ecco perché pratichiamo pausa: per cogliere la transizione e lasciare che le maglie della nostra rete tornino flessibili, pronte a tenere ciò che vogliamo conoscere e lasciar andare quello che non serve. Ecco perché nel respiro, in ogni atto respiratorio esistono due momenti di pausa, quella dell’inspirazione e quello dell’espirazione. Quando annulliamo queste due pause, riducendole al minimo, tentiamo di zittire la coscienza del corpo, la consapevolezza di quella sensazione di fondo, che è la nostra voce nel silenzio.
Arrendersi al corpo significa aver fede nel corpo perché è la dimora di Dio e fidarsi delle sue sensazioni perché esprimono la nostra verità. Alexander Lowen
Pratica di mindfulness: Consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©andrea.zanaboni