Se c’è una cosa bella delle nostre difese è che sono veloci. Ci permettono di essere tempestivi. Tanto tempestivi che troviamo la soluzione, a volte, prima ancora di aver avuto il problema. Perché le nostre difese nascono con questa obiettivo: farci avere risposte rapide che permettano di salvarci. Di scappare prima di venir catturati.

Solo che, in moltissimi casi, il predatore che ci insegue non è fuori di noi. È dentro di noi. È la nostra previsione di un futuro funesto. Tanto più tempestiva tanto più riguarda qualcosa che amiamo molto. Non conosco nessuno che sia più tempestivo dei genitori. Vedono un fallimento del figlio e già immaginano le ripercussioni in tutta la loro vita futura. Il guaio, quello vero, non è ciò che accade. È come ciò che pensiamo condiziona la nostra visione della vita. Come ci spinge a comportamenti riparativi e a soluzioni, prima ancora che il problema si sia manifestato. Prima ancora che abbia davvero prodotto un danno.

Abbiamo bisogno di fallire. Di sentire la discesa del fallimento per imparare ad avere una visione realistica di noi stessi e della vita. L’unica alternativa che abbiamo al fallimento è abbassare i nostri standard o passare una vita a rincorrere soluzioni difensive. Entrambe rischiano di rendere la soluzione più grande, costosa, pesante, del problema che vorrebbero risolvere. Fallire ci insegna a risalire, ad essere resilienti, a vedere tutte le prospettive

Non siamo solo attrezzati a combattere, e fuggire: siamo anche attrezzati ad affrontare, a guardare le cose negli occhi e a lasciare che la verità ci indichi la direzione. Non veniamo uccisi dal fallimento: impariamo e possiamo diventare più fiduciosi rispetto alle nostre capacità. Se non succede è perché generalizziamo il fallimento estendendolo sul futuro. Farlo serve solo a scoraggiarci. Quello non è imparare ma pretendere di non fallire più, di non sbagliare più.

Così, tutte le volte che offriamo soluzioni tempestive, oppure soluzioni gratis agli altri, domandiamoci se davvero gli stiamo offrendo un regalo. Forse l’unica cosa che desideravano – e anche la più preziosa – è essere ascoltati. Da qualcuno che non si mette davanti a te o sopra di te. Ma si mette accanto e prova a guardare le cose dalla stessa prospettiva. Sedersi accanto è la migliore soluzione. A volte l’unica soluzione.

Se le soluzioni tempestive le offriamo a noi stessi è utile ricordarsi che non c’è solo la via breve – quella delle soluzioni veloci – ma anche la strada, molto più interessante, della riflessione. Una strada che ci sembra lunga perché ci mettiamo tanto tempo a sceglierla. Poi si procede a balzi perché è l’intuizione e non lo sforzo che ci motiva a camminare. È come la differenza tra spostarsi e viaggiare. Per spostarsi dobbiamo andare veloci e scegliere la via più breve. Quando si viaggia, invece, ogni momento fa parte del percorso.

Solo a piedi si viaggia. Qualunque altro mezzo provvede a uno spostamento, ma solo i piedi permettono il viaggio. Erri De Luca

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© Nicoletta Cinotti 2019 Il protocollo MBSR: rispondere e non reagire

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