In modo più o meno consapevole noi reagiamo a quello che ci accade. A volta ci prendiamo del tempo per farlo e poter dare così una risposta, altre volte invece siamo immediati e istintivi e reagiamo così, sul momento, secondo la nostra modalità abituale.

Questo avviene però sulla base del significato che diamo all’evento: più immediata è la valenza positiva, negativa o neutra, che attribuiamo, più siamo veloci nella reazione. Più cerchiamo di capire ed esplorare, più tempo ci sarà necessario per arrivare a formulare una risposta. In alcune situazioni la velocità di risposta è un merito. Ma raramente, molto raramente, abbiamo bisogno di quella velocità. La maggior parte delle volte abbiamo, invece, bisogno di sospendere il giudizio per un tempo più lungo possibile che ci permetta di esplorare cosa davvero significa quello che sta avvenendo. Più tempo ci prendiamo prima, per comprendere, più ci sarà facile, poi, lasciar andare quello che è successo, perché non ci saremo aggrappati.

E l’aggrapparsi è una conseguenza – davvero indesiderata – della velocità di giudizio. Pensiamo che una risposta veloce ci consentirà poi di passare oltre. Invece una risposta veloce, spesso, fa sì che emergano flash, immagini, pensieri sulla situazione appena affrontata. Perchè parte della nostra energia mentale avrà ricevuto l’informazione implicita velocità = pericolo. Velocità = rischio di sbagliare. E così ci troveremo a dover prendere, dopo, quel tempo che, se l’avessimo preso prima ci sarebbe stato così utile. Non avremmo frainteso, non saremmo caduti nelle spire della nostra paranoia. E ci saremmo permessi di esprimere la nostra naturale curiosità verso le cose. La curiosità è ciò che attiva l’apprendimento. E prima diamo significato alle cose, prima ci annoieremo di ciò che la vita ci propone. Perché penseremo, sbagliando, che è sempre la stessa storia. E invece siamo noi che, correndo, vediamo sempre le stesse cose.

È come portare sul capo una valigia piena di sassi; è un sollievo poterla posare per terra. Immaginate cosa può significare sospendere qualsiasi giudizio, lasciando che ciascun momento rimanga così com’è, senza tentare di valutarlo come “Buono” o “Cattivo”. Questa sarebbe l’autentica serenità, la vera liberazione. Jon Kabat Zinn

Pratica di Mindfulness: Meditazione del lago

© Nicoletta Cinotti 2016 Le radici della felicità

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