La nostra tendenza a distaccarsi dall’esperienza è lunghissima. Personale e culturale. E i modi che usiamo per staccarci dall’esperienza sono moltissimi. Prendiamo una leggera distanza dalle nostre emozioni. Isoliamo parti di noi oppure mostriamo un’immagine. Lo facciamo con una tale naturalezza che tutto questo sembra autentico.
Staccarsi dall’esperienza significa, inevitabilmente, diminuire lo spazio della consapevolezza.
Quella distanza infatti taglia le percezioni, riduce le sensazioni emotive, diminuisce le associazioni creative e di pensiero e ci rende ripetitivi. Se selezioniamo troppo le informazioni che usiamo, finiamo per percorrere sempre le stesse strade.
Però abbiamo un meraviglioso strumento di contatto sempre disponibile: il noting dell’esperienza, che accompagna l’azione con la notazione mentale. Non è solo uno strumento di pratica informale. E’ restituire le parole al gesto e al movimento, lì dove sono nate.
La qualità affettiva della nostra notazione, semplice ed essenziale, ci permette di comprendere con che sguardo portiamo l’attenzione all’esperienza: possiamo scorgere l’impazienza, l’affetto, la tenerezza e così via. Le infinite sfumature del tono possono risuonare dentro di noi.
Perché anche le parole nascono dal corpo né potrebbe essere altrimenti. Nascono come gesti e poi diventano suoni. Diventano suoni quando riusciamo a connettere il movimento al respiro.
Ecco perché in bioenergetica è così importante sentire il suono naturale del respiro: perché connette all’esperienza in corso. E rende più difficile essere trasportati dai pensieri.
Calmando l’agitazione della mente possiamo ascoltare il suono dell’anima. Alexander Lowen
Pratica di mindfulness: Il panorama della mente
© Nicoletta Cinotti 2023 Il protocollo MBCT