Da qualche anno ho preso l’abitudine di rileggere molte volte lo stesso libro. Non lo faccio di seguito; magari lascio passare un po’ di tempo e poi lo rileggo. Un po’ come facciamo con la musica: i brani che amiamo possiamo ascoltarli moltissime volte e questo non suscita nessuna particolare perplessità.

Con i libri invece è diverso: sembra strano che si possa rileggere 10 volte lo stesso libro. Eppure io finisco per fare proprio così. Alcuni libri li leggo probabilmente una decina di volte e non mi stanco mai di riprenderli in mano perchè ho scoperto che il contenuto del libro cambia nel tempo. O meglio, le parole che sono scritte sono sempre le stesse ma io sono diversa e quindi colgo sfumature nuove che mi sorprendono sempre.

È vero però che spesso la ripetizione suscita scandalo. A volte mi chiedono se non mi annoio con sempre quel libro in borsa. Siamo – un po’ compulsivamente – attratti dall’idea di aver bisogno di cose nuove. E spesso la ricerca di novità diventa affannosa. C’è una novità però che sottovalutiamo: quella che nasce dal dialogo. Se siamo in dialogo con l’esperienza, in ogni momento, si apre di fronte a noi una novità. Se siamo in dialogo con un libro ciò che sta scritto in quel libro entra dentro di noi e produce risposte sempre diverse. Sembra una ripetizione ma non lo è.

I bambini adorano la ripetizione: puoi leggergli lo stesso libro fino a che lo sanno a memoria. Si accorgono se sbagli a leggerlo anche se loro non sanno leggerlo. Non trovano scandalosa la ripetizione ma rassicurante, interessante, importante. Perché perdiamo l’amore per la ripetizione? È un po’ come perdere la fedeltà: non riusciamo più a vedere la bellezza in ciò che abbiamo. E la novità in ogni momento. Non è un segno di gioventù questo. Altrimenti i bambini non sarebbero così appassionati di ripetizione: è un segno di vecchiaia.

Anche la pratica quotidiana può sembrare una ripetizione. Come per i libri. Lo stesso luogo, lo stesso oggetto – il respiro – la stessa ora. Eppure ogni volta così diverso. A volte mi sembra di essere al cinema. In una sala in cui non so che film proietteranno. Con accesso gratuito.

“Dunque, invece di parlare del «fare pratica», sarebbe meglio dire che è la pratica a plasmarvi, o che la stessa vita diventa per voi una guida e un maestro per aiutarvi a meditare. Jon Kabat Zinn

Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro

© Nicoletta Cinotti 2016 Il mese della gentilezza

 

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