Fragilità non è una parola che tendo ad associare a me stessa: di me ho più la memoria della determinazione, della capacità di tollerare la stanchezza, della costanza, dell’impegno. Tutte parole che mi sembrano lontane dalla parola fragilità. Sono resistente: direi questo di me, con tutte le sfumature, anche non propriamente positive, che questa parola comporta.

Eppure racconto che la mia vita quotidiana è fatta di alti e bassi come quella di tutti. Mi sono domandata perché non userei la parola fragile. Forse perché è l’opposto di resistente. Forse perchè, per me, mostrare quello che ho dentro richiede forza. Una forza che ho acquistato con gli anni. Ero molto più fragile quando tenevo nascoste le mie debolezze e mi mostravo forte al mondo. Quando mi vergognavo da morire per qualunque errore. Quando mi imponevo un regime anziché fidarmi della saggezza del corpo. Ora, che racconto del tempo dedicato a curare i miei genitori, della sensazione – a volte imbarazzante – di perdere pezzi importanti, dell’invecchiare senza strategie di riparazione, ora che guardo la mia vita con la prospettiva di aver ampiamente superato la metà, non mi sento fragile.

Mi sento vulnerabile alla vita. E più mi rendo conto che la mia vulnerabilità, la mia apertura mi rendono conoscibile e più desidero farlo. Non desidero annoiare nessuno con i fatti miei ma mi rendo conto che rendermi aperta – quello che di solito chiamiamo vulnerabilità – mi restituisce vita. Non vorrei invecchiare diventando dura. Vorrei invecchiare diventando morbida e aperta. Vorrei che l’età mi regalasse questo lusso.

Da giovane avevo paura ad essere aperta: paura che si creassero equivoci, paura di venir fraintesa. Oggi, seduta sul mio cuscino posso dire che sono una principiante nel territorio sconfinato della vulnerabilità. Il tempo vissuto mi rende, giorno dopo giorno, più trasparente. Forse sono vulnerabile perché lascio più spazio all’anima. All’anima mia e altrui. Più spazio all’anima delle cose.

L’anima la si ha ogni tanto.
Nessuno la ha di continuo
e per sempre.
Giorno dopo giorno,
anno dopo anno
possono passare senza di lei.
A volte
nidifica un po’ più a lungo
sole in estasi e paure dell’infanzia.
A volte solo nello stupore
dell’essere vecchi.
Di rado ci da una mano
in occupazioni faticose,
come spostare mobili,
portare valige
o percorrere le strade con scarpe strette.da Qualche parola sull’anima di Wislawa Szymborska

Pratica di Mindfulness: La consapevolezza del respiro

© Nicoletta Cinotti 2019 Il protocollo MBSR edizione invernale.

Photo by Kacper Szczechla on Unsplash

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