Controllo le statistiche. I numeri mi piacciono perché mi danno un senso di realtà. Mi sembra che confermino o s-confermino sensazioni e ipotesi. In realtà anche i numeri sono soggetti ad interpretazioni eppure nessuno mette in dubbio che quattro sia maggiore di tre.Così, quando ci sono, controllo i dati di quello che viene detto. A volte mi spaventano a morte, come il PIL fermo allo 0% nel secondo trimestre del 2019 o come i dati sul riscaldamento globale oppure i metri quadri di foreste che stanno bruciando in Siberia con conseguenze per tutto il mondo.
Quello che mi sorprende,e spaventa, di più è una specie di anestesia rispetto alla verità. Mi aspetterei un sobbalzo generalizzato del mondo e invece (tema ambientale a parte…o forse no?) una notizia centrale, come quella sul PIL, può essere coperta da un fatto di cronaca. Vado dal tabaccaio e vedo in bella mostra le sigarette con sopra slogan che predicono le peggiori sciagure: dalla morte, alla sterilità, al cancro eppure il signore davanti a me compra un pacchetto di sigarette.
Dobbiamo ammetterlo: sapere la verità non dirige i nostri comportamenti. Non ci piacciono le informazioni che contraddicono quello che crediamo vero. Le notizie false si muovono più veloci di quelle vere perché hanno più interesse e suscitano più emozioni. Così il PIL rimane una parola asettica e lontana mentre un fatto di cronaca è intenso e vicino. Ogni estate la cronaca salva e permette di parlare a lungo evitando argomenti scottanti. Perché? Posso fare delle ipotesi e la più probabile è che, per quanto ci definiamo razionali, la maggior parte dei nostri ragionamenti è su base emotiva. A volte esplicita, a volte – ed è più pericolosa – implicita. Non è la ragione a guidarci e nemmeno il cuore: è la reazione: piacevole, spiacevole, neutro.
La velocità alla quale viviamo aumenta la reattività. Così quello che leggiamo rimane un’ombra superficiale che scorre velocemente mentre l’attenzione viene catturata da quello che suscita una reazione forte. Siamo i nuovi uomini delle caverne: ritorniamo primitivi per amore della velocità. Rispondere sulla base della prima reazione – piacevole, spiacevole, neutro – vuol dire rispondere sulla base del sistema difensivo primitivo. Vuol dire dimenticare quel processo lento che riguarda la riflessione. Vuol dire credere a quello che conferma la nostra opinione e non chiedersi quale sia davvero la verità. Qual è davvero la verità in questo momento, in cui leggi? Cosa è davvero importante per te? A cosa vuoi dare attenzione e cura? Domande alle quali, per rispondere, è necessario regalare lentezza. Rallentando scopriamo che la verità è a strati e che, più ci fermiamo, più arriviamo al cuore delle cose. Se perdiamo il tempo della riflessione perdiamo il tempo che rende la nostra vita immortale. E non c’è vita che non sia, almeno per un attimo, immortale
Non c’è vita
che almeno per un attimo
non sia stata immortale. Wislawa Szymborska
Pratica di Mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2019 Vulnerabili guerrieri