Quand’è che conosciamo un’altra persona? In che momento si stabilisce quel senso di intimità e connessione che ci fa dire “Lo conosco, lo conosco davvero“. E non parlo del “so chi è, che lavoro fa, se è single o sposata”.Quelle notizie biografiche, da curriculum, possiamo saperle facilmente. Oggi molto facilmente, in maniera diretta o indiretta attraverso i social, i profili, le notizie sul web. Ci manca però quel momento in cui abbiamo la sensazione di conoscerci davvero. Forse è per questo che abusiamo dei social: perchè abbiamo diminuito la frequenza del momento in cui ci sentiamo intimi. Come se la nostra intimità fosse stata risucchiata dalla visibilità.
Il più grande ostacolo all’intimità, allo svilupparsi di quella reciproca sensazione di conoscenza, è dovuto al fatto che ci incontriamo sulla base della nostra vulnerabilità. Conoscersi presuppone aprirsi, aprire presuppone essere vulnerabili. Se andiamo in giro vincenti e armati, orgogliosi di noi, siamo, paradossalmente, meno raggiungibili. Perchè l’intimità è un luogo interno e tutto ciò che è interno è prezioso e vulnerabile. Così nasce la nostra solitudine – che non è una solitudine da mancanza di contatti – ma da mancanza di intimità. E quando quella solitudine morde non possiamo pensare che basti uscire per non essere soli: abbiamo bisogno di accettare di essere visti, così come siamo dentro di noi, per non essere soli.
Quand’è che conosciamo un essere umano? Forse solo dopo aver compreso l’impossibilità di conoscerlo, rinunciato al desiderio di farlo e, alla fine, non avere nemmeno più bisogno di farlo. Allora quella che abbiamo non è nemmeno più un atto di conoscenza reciproco. È semplicemente una forma di co-esistenza; e anche questo è uno degli aspetti dell’amore. Iris Murdoch
Pratica di mindfulness: Il panorama della mente
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