Ci sono delle emozioni che sono indubbiamente difficili: difficili da sentire e difficili da gestire per la loro forza e la loro violenza. In genere sono proprio le emozioni difficili quelle che spingono le persone verso la mindfulness nella speranza che diventi un modo per cavalcarle. Nessuno pretenderebbe di fare il Giro d’Italia perché ha imparato ad andare in bicicletta, perchè sappiamo bene che non basta l’allenamento per sostenere certe prove: ci vuole anche una qualità sportiva.

Con la mindfulness funziona quasi allo stesso modo. Se è vero che abbiamo bisogno di rimanere principianti ogni giorno, è anche vero che l’ingenuità – che porta a sottovalutare le difficoltà o a sopravvalutare il potere miracoloso della mindfulness – non aiuta. Se l’intensità dell’emozione difficile è molto forte rischiamo di venire travolti, proprio come un mare tempestoso può travolgere anche il migliore dei nuotatori. Allora che fare quando siamo in preda a una emozione difficile?

“Touch and let go”, Toccare e lasciar andare, più e più volte in modo da non negare o reprimere quello che sentiamo ma, nello stesso tempo, non farsene travolgere. Toccarlo vuol dire riconoscere che emozione proviamo, sentire come risuona nel corpo, quali pensieri nutre e di cosa avremmo bisogno. Poi possiamo spostare l’attenzione ad un altro oggetto: i suoni per esempio che sono percepiti da noi ma sono più facili da maneggiare rispetto al respiro. Questa attenzione e gentilezza nell’incontrare le emozioni difficili non è paura: è saggezza. Dobbiamo riconoscere che a volte la nostra forza è inferiore a quella del vento, del mare, della montagna e ci muoviamo con cautela, per riconoscere e rispettare questa forza impetuosa. Una volta venne chiesto a Thich Nhat Hanh quanto disagio emotivo si doveva lasciar entrare nella propria pratica. “Non molto” rispose Thich Nhat Hanh. Il dolore catalizza la nostra compassione e la nostra self-compassion ma quel dolore va “toccato” e non ci dobbiamo affogare dentro. È per questa ragione che partecipare ad un protocollo mindfulness è importante: ti insegna a “toccare” senza annegare in quello che emerge. Insegna a galleggiare senza farsi travolgere dalla corrente.Per imparare questo non basta meditare: è necessario imparare a meditare.

Avendone la possibilità dovremmo centellinare la quantità di sofferenza che lasciamo entrare nella nostra vita, per non venirne schiacciati. A volte non siamo pronti a vedere la nostra casa svuotata d’ogni mobile da un visitatore inatteso (l’autore fa riferimento alla poesia La locanda, di Rumi). L’arte della self-compassion comporta l’inclinare gradualmente verso il disagio emotivo.  Christopher Germer e Kristin Neff

Pratica di mindfulness: Self-compassion breathing

© Nicoletta Cinotti 2021 Il protocollo MBCT  

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