L’abitudine è una catena: non solo nel senso che ci porta a fare sempre le stesse cose ma anche nel senso che un’abitudine tira l’altra come le ciliegie.
Quando vogliamo cambiare una delle nostre abitudini, perché ci rendiamo conto che è nociva, ci scontriamo con il fatto che una abitudine è connessa a molte altre abitudini. Così smettere di fumare è collegata all’abitudine di prendere il caffè, oppure alla pausa dopo pranzo o alle chiacchierate con gli amici. Non possiamo togliere una abitudine senza sentirsi un po’ a disagio per la perdita delle altre che, invece, ritenevamo piacevoli. E così finiamo per mantenere tutto il pacchetto. Questo è l’effetto dell’affezione che proviamo per il pilota automatico, quel meccanismo che ci rende efficienti e familiari con la vita quotidiana. Ci fa percepire la continuità e ci rassicura continuamente sulla nostra competenza. Ci protegge da quella bellissima sensazione che proviamo quando diventiamo dei principianti: l’entusiasmo misto alla paura della novità.
Peccato però che quel simpaticone del nostro pilota automatico ci toglie anche un’altra cosa importante: riduce l’affetto che proviamo per le cose che fanno parte delle abitudini. Diventano gesti ripetitivi e perdono il sapore che dà significato.
Così se la tua vita è piena di abitudini annoiarti è facile. Facile come bere un bicchier d’acqua. Cadere nell’anestesia affettiva che gli automatismi comportano può essere comodo come una scarpa vecchia. In cambio ci offre un rassicurante senso di continuità. Ma vale la pena perdere l’amore per le cose quotidiane? Vale la pena rendere grigie le nostre giornate solo per la rassicurante successione di fatti già assaporati? Oppure possiamo correre il rischio, ogni tanto, di cambiare abitudini e tornare presenti, pronti ad assaporare l’imprevedibile realtà del momento presente?
Me lo chiedo ogni mattina, quando sto per rientrare nei vestiti consueti, se davvero quei vestiti mi rappresentano ancora. Forse no e nel farmi la domanda sento tutto il brivido del desiderio di portare una novità nella mia vita così protetta da un muro di impegni. Così regolata da sembrare un orologio, così precisa da sembrare Svizzera. Eppure, giuro, nell’intenzione per l’anno nuovo c’è la porta spalancata sulla novità. Ormai urge e preme il cambiamento. Non voglio più rimanere lontana da me stessa per qualche consolidata abitudine. È un prezzo che non sono più disponibile a pagare.
C’è un tempo in cui devi lasciare i vestiti, quelli che hanno già la forma abituale del tuo corpo, e dimenticare il solito cammino, che sempre ci porta negli stessi luoghi. È l’ora del passaggio: e se noi non osiamo farlo, resteremo sempre lontani da noi stessi. Fernando Pessoa
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2019 Il protocollo MBSR: edizione invernale Genova e Chiavari