Anche se può sembrare strano la nostra giornata è piena di micro momenti di avversione. A volte sono situazioni che ci suscitano rabbia o paura. Altre volte l’avversione si esprime con la nostra incessante tendenza a voler cambiare le cose.
Non diamo attenzione a queste avversioni: le lasciamo da parte – convinti che evitare di sentire sia una buona strategia – oppure ci autorizziamo al rifiuto convincendoci che le cose così proprio non possono andare.
La cosa bizzarra è che anche le situazioni piacevoli possono suscitare una reazione avversativa: non vogliamo perderle. Ci rimaniamo aggrappati e anziché concludere qualcosa che è fatto e finito rimaniamo lì, a lottare con la conclusione, alimentando l’avversione.
In realtà l’avversione, al pari di tutte le altre emozioni, è solo un’informazione. Una informazione che diventa una strategia di evitamento della realtà se scegliamo, tutte le volte, di regolare la nostra avversione distogliendo l’attenzione.Facendo così, alla fine, l’avversione non è più un’emozione ma un potente competitore dell’attenzione. Vorremmo andare in una direzione ma l’avversione ci costringe a cambiare continuamente strada: per evitare o per cambiare ciò che non ci piace.
Insomma, alla fine, l’avversione diventa una specie di dichiarazione di guerra alla realtà così com’è. Come se bastasse il nostro rifiuto per cambiare qualcosa.
Permettiamoci la libertà della consapevolezza, che non è correggere il sentimento di avversione ma esserne consapevoli e scegliere di rimanere vigili anziché distratti. Se diventiamo consapevoli di quanto la nostra distrazione sia originata da una avversione – rabbia o paura – allora possiamo evitare di finire risucchiati in questa modalità automatica di reazione. E praticare quel rivoluzionario atto di libertà che è la consapevolezza.
Il modo più semplice di lasciar andare è smettere di voler cambiare le cose. Segal, Williams, Teasdale
Pratica di mindfulness: L’intenzione
© Nicoletta Cinotti 2022